Di pieve in pieve sulla dorsale
dello Spungone
Alcune risalgono a prima dell’anno Mille, altre conservano testimonianze rinascimentali o barocche: venite a scoprire la ricca storia raccontata dalle molte pievi che punteggiano l’intera Romagna dello Spungone – spesso in punti molto suggestivi - e che vale la pena di visitare!
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1. Pieve di San Donato a Polenta
Cantata da Giosuè Carducci e legata alla memoria di Dante Alighieri, la millenaria Pieve si San Donato a Polenta è ricca di suggestioni storiche e letterarie. Il primo documento che ne attesta l’esistenza è datato 911; probabilmente a costruirla nell’VIII- IX secolo furono i Longobardi, come sembra suggerire lo stile di alcuni capitelli e decorazioni, che richiamano opere coeve presenti a Bobbio e a Cividale del Friuli. Presenti anche richiami all’arte bizantina.
Pur avendo subito nel corso del tempo vari interventi di restauro che ne hanno modificato l’assetto, la pieve conserva molti elementi dell’edificio originario (fra cui, appunto, i capitelli e le colonne) in stile romanico. L’interno si presenta con un impianto basilicare a tre navate e una suggestiva cripta sotto l’altare maggiore.
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2. Erma di Carducci
Davanti al sagrato un’erma ricorda Giosuè Carducci, che amava molto questo luogo, meta frequente delle sue passeggiate bertinoresi durante i suoi soggiorni a Lizzano di Cesena, ospite della contessa Silvia Pasolini Zanelli. Proprio per questo, a fine 800 il poeta premio Nobel si fece promotore di un importante intervento di restauro e, soprattutto, compose l’ode “La chiesa di Polenta”. Nel testo, il poeta si chiede "forse qui Dante inginocchiossi?". Ed è veramente possibile che l’autore della Commedia abbia frequentato questo luogo, durante la sua permanenza ravennate presso Guido da Polenta. Così come è possibile che qui abbia pregato anche Francesca da Polenta, appartenente alla stessa famiglia, e celeberrima protagonista insieme all’amante Paolo Malatesta del V Canto dell’Inferno. Ogni anno presso la Pieve si tengono cicli di letture dantesche e il raduno carducciano.
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3. Cattedrale di Bertinoro
Affacciata su piazza della Libertà, la Cattedrale di Bertinoro è intitolata a Caterina d’Alessandria, patrona della cittadina.
La devozione verso la santa è antica: in questo stesso punto, già in passato, sorgeva un piccolo oratorio a lei dedicato, che fu demolito a fine Cinquecento proprio per lasciar posto all’attuale chiesa, conclusa nel 1601. Inconsueta la sua posizione, addossata a Palazzo Ordelaffi, con l’ingresso principale che non si apre su un sagrato, ma nel portico dell’edificio oggi sede del Comune. Ma c’è una spiegazione: quando la Cattedrale fu costruita si prevedeva che Palazzo Ordelaffi (voluto da Scarpetta Ordelaffi, ospite forlivese di Dante) venisse abbattuto perché poco stabile. Previsione non rispettata: dopo più di 400 anni è ancora al suo posto.
Ispirata allo stile bramantesco, la Chiesa di Santa Caterina di Alessandria è suddivisa in tre navate. Al suo interno si possono ammirare alcune pregevoli opere d'arte, fra cui le Nozze mistiche di santa Caterina d'Alessandria, di scuola bolognese del XVIII secolo e un crocifisso di legno scolpito di scuola italo-tedesca, che in alcune parti sembra risalire alla fine del Cinquecento. Secondo una leggenda, a realizzarlo fu un misterioso pellegrino che, dopo aver trovato rifugio in un monastero di Bertinoro, al momento della partenza, dopo tre giorni di ritiro, fece trovare la scultura ricavata da un albero di fico presente nel giardino dell'edificio.
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4. Scardavilla (Meldola)
I monaci se ne sono andati da molto tempo, ma è anche grazie a loro se oggi, a pochi chilometri dal centro di Meldola, esiste la riserva naturale orientata di Scardavilla, testimonianza dell’antica selva che nei tempi remoti ricopriva la maggior parte del territorio circostante. Oggi la zona a bosco si estende per circa 7 ettari, con una predominanza di querce e una variegata presenza di fiori e di arbusti, dal pungitopo alla rosa canina ad alcune rare specie di orchidee. All’interno del bosco sono stati realizzati sentieri tematici con bacheche esplicative. A rendere unica la riserva è anche la sua natura geomorfologica, con le suggestive terrazze alluvionali create dal corso del Bidente, che si estendono sulla fascia pedecollinare a circa 100 metri di altitudine.
Nella riserva sopravvivono, in diverse condizioni di conservazione, i due nuclei dell’antico insediamento monastico di Scardavilla (la cui esistenza è attestata fin dal XIII secolo), collegati da un lungo viale di querce. Il complesso di Scardavilla di Sotto, sito del primitivo monastero medievale, è oggi un edificio privato, che è stato ristrutturato e viene utilizzato per cerimonie e matrimoni. Invece, a Scardavilla di Sopra si trovano, purtroppo in condizioni di degrado, i resti della chiesa barocca e dell’antistante palazzo costruiti dai monaci camaldolesi fra il Seicento e il Settecento. La presenza camaldolese è stata decisiva per la conservazione dell’habitat circostante: i monaci hanno applicato qui la stessa Regola seguita nel governo delle foreste del Casentino e che ha permesso di preservarle intatte fino ai giorni nostri.
Per le visite alla riserva occorre rivolgersi al Comune di Meldola.
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5. Chiesa di S. Agostino in Rocca d’Elmici (Predappio)
Sulla strada che da Fiumana porta a Predappio si incontra S. Agostino in Rocca d’Elmici, suggestiva chiesetta in pietra arenaria e spungone locale, probabilmente costruita prima dell’anno Mille. Realizzata in stile romanico, si presenta con una sobria facciata a capanna con una finestrella a croce, mentre il portale è sormontato da un'arcata cieca. L'interno è a una sola navata coperta a capriate con abside semicircolare. A decorare la chiesa ci sono affreschi votivi di varie epoche, distribuiti in diversi cicli e purtroppo non ben conservati: fra essi vale la pena ricordare la cosiddetta “Danza degli scheletri”, probabilmente databile al XVI secolo, e una Madonna con bambino attribuita al "Giottesco Romagnolo". In epoca medievale intorno a S. Agostino in Rocca d’Elmici si raccolse una comunità monastica, che affiancò all’edificio originario altri manufatti, fra cui il campanile, il chiostro e il cimitero. Poco distante dalla chiesa si possono vedere i ruderi del castello d’Elimici documentato fin dal 900 come appartenente alla famiglia De Calboli.
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6. La chiesa di S. Nicolò e la chiesa dei Santi Nicolò e Francesco (Castrocaro)
Entrando nel borgo medievale di Castrocaro (ancora oggi pressoché intatto) dalla Porta San Nicolò si incontra subito la chiesetta romanica di San Nicolò, affacciata sull’omonima piazzetta.
L’edificio risale al XIII secolo: vi si accede da un portale a sesto acuto sormontato da una bifora. Al suo interno si può ammirare un pregevole ciclo di affreschi di scuola marchigiana, forse attribuibili alla bottega di Gentile da Fabriano, fra cui la cosiddetta "Madonna della pera" e la "Madonna in trono". Sul muro esterno, invece, è posta una lapide che riporta il passo del XIV canto dell'Inferno in cui è nominata Castrocaro. La chiesa è di proprietà privata; per la visita rivolgersi alla ProLoco.
La chiesa di San Nicolò non va confusa con la quasi omonima chiesa dei Santi Nicolò e Francesco che si trova fuori dal secondo cerchio di mura. L’attuale edificio risale alla fine del Trecento e al suo interno si trovano alcune opere d’arte di notevole interesse: fra esse, ricordiamo la “Madonna in trono col Bambino e Santi”, firmata dal forlivese Marco Palmezzano, allievo del Melozzo, e la “Madonna dei Fiori”, bassorilievo in stucco policromo di scuola fiorentina realizzato a metà del Quattrocento.
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7. Chiesa di Santa Reparata e Pieve di Santa Reparata
Nella Piazza d’Armi di Terra del Sole, esattamente di fronte al Palazzo Pretorio, si erge maestosa la chiesa di Santa Reparata, costruita a fine Cinquecento e che, nelle intenzioni del granduca Cosimo, doveva diventare sede di una nuova diocesi. Progettata dall’architetto Raffaello di Zanobi da Fiesole, rispecchia pienamente lo stile rinascimentale fin dalla facciata. L’impianto è a croce latina, con una sola navata coperta da capriate, delimitata da una cornice dentellata e scandita da quattro archi trionfali. Al suo interno sono conservate varie opere d’arte di notevole interesse, fra cui uno splendido crocifisso ligneo cinquecentesco della scuola fiorentina.
Uscendo dalla cittadella, con una brevissima passeggiata si raggiunge l’antichissima pieve di Santa Reparata. Di origine bizantina, risale alla metà del VI secolo ed è stata la chiesa madre dell’intera valle dell’Acquacheta. Solo da pochi anni è stata restaurata dopo molte vicissitudini che ne hanno modificato radicalmente l’aspetto e un lunghissimo periodo di abbandono.
Della costruzione originale, rimangono alcune arcate della navata centrale sorrette da pilastri a spigolo, un'antica vasca battesimale ornata di tre rostri, tracce di affreschi e una vasca sarcofago.
In onore della santa a cui sono dedicati le due chiese, ogni anno nella prima domenica di settembre a Terra del Sole si disputa il Palio di Santa Reparata, con la sfida fra le contrade, cortei e rappresentazioni in costume.