Le rocce sedimentarie dell’Appennino Romagnolo.
Mentre a nord della via Emilia il territorio romagnolo è essenzialmente pianeggiante, l’entroterra, a sud della via Emilia, è caratterizzato da un graduale ma piuttosto continuo sviluppo di rilievi collinari, prima molto dolci ed arrotondati e poi, man mano che si procede in direzione sud verso il crinale appenninico, più marcati, con forme più nette e rilevate. Si parte così dalle bassissime quote delle aree di pianura (poche decine di metri sopra il livello del mare) fino ad arrivare agli oltre mille metri dei rilievi delle Foreste Casentinesi.
Le rocce che costituiscono questi rilievi montuosi sono rocce sedimentarie: rocce, cioè, costituite da sedimenti, ovvero frammenti, granuli – di varie dimensioni – derivati da altre rocce più antiche, erose dagli agenti atmosferici o dall’azione delle acque meteoriche e marine, che si sono accumulati nei millenni e, nel tempo, si sono “cementati” (un processo definito diagenesi) fino a formare le formazioni rocciose che oggi possiamo osservare.
Per i geologi, le rocce sedimentarie prendono vari nomi, in base alla dimensione dei granuli che le costituiscono, da grossolani a fini, osservabili ad occhio nudo o con la lente d’ingrandimento o il microscopio. Si hanno così i conglomerati, costituiti da ciottoli, ghiaia e pietrisco con granuli da decine di centimetri fino a 2 mm; le arenarie, costituite prevalentemente da sabbie cementate, con granuli da 2 mm (sabbia grossolana) a 1/16 di millimetro (sabbie fini), le siltiti o limi, con granuli di dimensione molto piccola, da 1/16 di mm fino a 1/256 di mm, e le argille, formate da accumuli di granuli microscopici, minori di 1/256 di mm.
Tutte queste rocce si formano quindi per la
deposizione e l’accumulo di questi sedimenti: e questo processo di formazione avviene nella stragrande maggioranza dei casi per mezzo dell’acqua, che prima erode le rocce più antiche, le frantuma, poi le trasporta ed infine le fa depositare. È questo un fenomeno che è avvenuto sulla superficie della Terra per milioni e milioni di anni, e che continua tutt’oggi, incessantemente, dai corsi d’acqua minori, fino ai fiumi e al mare.
Il fatto che si depositino arenarie, conglomerati o argille dipende essenzialmente dall’
energia che l’acqua aveva quando ha lasciato depositare quei particolari sedimenti. È facilmente comprensibile come i granuli più grossi e pesanti, i ciottoli, possono essere trasportati solo dove l’acqua ha una grande energia, quindi in genere lungo i corsi dei fiumi più impetuosi, ai piedi delle montagne, oppure negli ambienti di costa o scogliera marina, dove le onde si infrangono con grande forza. I sedimenti più piccoli e leggeri vengono trasportati più lontano e si depositano dove l’acqua ha meno forza: le sabbie, per esempio, si depositano sui margini dei fiumi di media energia, sulle spiagge poco ripide o nei fondali marini poco profondi, dove è ancora presente una certa forza dell’acqua, data dalla corrente o dalle onde, ma non così energica da mantenere questi granelli in sospensione. I granuli di argilla, i più piccoli e leggeri, sono gli ultimi a depositarsi, perché basta anche un movimento molto debole e leggero dell’acqua per riportarli di nuovo in sospensione: le argille quindi si depositano in fondali molto calmi, lontani dalle correnti e dai movimenti ondosi, e quindi, in genere, in fondali di mari profondi.
Se osserviamo le rocce che costituiscono i rilievi collinari della Romagna centrale, scopriremo che nella fascia più prossima alla pianura, esse sono costituite in prevalenza da argille, e le colline hanno forme dolci e morbide, date dalla plasticità e facile erodibilità di questa roccia, che come è ben noto può facilmente imbibirsi d’acqua e diventare plastica e tenera. In questa prima fascia, però, per la stessa facilità a perdere durezza, ad essere erosa e a franare dell’argilla, talvolta i dolci rilievi sono interrotti dal caratteristico fenomeno dei “calanchi”: zone brulle, prive di vegetazione, caratterizzate da creste aguzze poco stabili, tendenzialmente franose, intervallate da un reticolo di canaloni entro i quali l’argilla si sgretola.
Spostandoci in direzione sud, verso il crinale appenninico, troviamo invece delle rocce tendenzialmente più dure, con rilievi più massicci e ripidi, costituite prevalentemente da una sequenza alternata di stratificazioni di arenarie e marne (un tipo di argilla con una forte componente calcarea), facilmente identificabili nelle pareti rocciose erose in prossimità dei fiumi. Queste rocce stratificate sono strutturate in “pacchi” di spessore notevole, che emergono per svariate centinaia di metri ma proseguono nel sottosuolo per uno spessore complessivo che in alcuni punti raggiunge i due o tre km. Dato che il fenomeno di deposizione e consolidamento dei sedimenti è un fenomeno che avviene molto lentamente, possiamo comprendere come tutto questo spesso di rocce si sia depositato in un periodo di tempo molto lungo, di molti milioni di anni.
Ciò significa che, per un periodo di tempo molto lungo, in quello che adesso è il territorio della Romagna centrale era presente un mare, di profondità più o meno elevata a seconda delle fasi. Questo non vuol dire che il livello del mare fosse più alto rispetto alla sua quota attuale, ma piuttosto che i terreni che allora costituivano i fondali marini si trovavano più in basso rispetto ad oggi, e ad un certo punto è accaduto qualcosa che ha portato questi terreni a sollevarsi fino ad emergere dal mare e diventare terra ferma, ambiente continentale.